LA COSTRUZIONE SOCIALE DELLE EMOZIONI

Harrè (1986) sostiene la centralità dell’analisi dei differenti usi dei vocaboli per un’indagine del mondo delle emozioni all'interno di uno specifico contesto.

 

L’analisi degli usi linguistici e delle parole usate per esprimere le emozioni parte dal presupposto che sia necessario passare dal domandarsi che cosa è la rabbia?” a “come viene usata la parola “rabbia” e le altre espressioni che ruotano attorno a questo concetto in un particolare milieu culturale”.

Questo cambio di paradigma si basa sull'assunzione che “il principale contributo al modo in cui gli aspetti della nostra vita si dispiegano proviene dal mondo sociale locale, attraverso le sue pratiche linguistiche e i giudizi morali nel corso dei quali viene definita la qualità emozionale degli incontri sociali” (ibidem).

 

In questo modo il focus d’indagine si concentra su sistemi di emozioni culturalmente specifici organizzate in specifici repertori. Il costruzionismo si pone in una prospettiva critica rispetto alle teorie tradizionali delle emozioni, rifiutando la concettualizzazione delle emozioni come stati affettivi semplici e involontari. Un errore epistemologico rintracciato dal costruzionismo è quello dell’illusione ontologica: gli psicologi hanno sempre studiato le emozioni come se queste fossero esistenti nel mondo “là fuori” e che il nome dell’emozione fosse solamente una mera rappresentazione.

 

“Si assume l’esistenza di un quid astratto e riconoscibile su cui la ricerca può essere diretta, da ciò deriva il considerare che lo stato sia l’emozione” (Harrè, 1986). Ma ciò che è “là fuori”, da un punto di vista costruzionista, è “un lavoro di ordine, selezione e interpretazione da cui dipendono i nostri atti di organizzazione dei frammenti di vita possiamo agire solo in base a ciò che le nostre risorse linguistiche e il nostro repertorio di pratiche sociali ci permette”-

 

Può essere interessante inoltre considerare la funzione strategica delle emozioni nella misura in cui queste influenzano le azioni situate in determinati contesti:

“le situazioni e i contesti non sono uno sfondo neutro in cui agiscono gli attori, ma presentano caratteristiche distinte in base alla cultura di riferimento”.

 

Le tesi presentate, riassumendo, sottolineano che le emozioni, nella loro forma socializzata, e nella loro caratterizzazione in una società, hanno un contenuto e una funzione significativamente non naturale. Questo introduce la possibilità che ci sia un range di esperienze emotive che non è naturalmente preesistente ma che, come esperienza intellettuale e pratica, è reso disponibile agli agenti attraverso la loro familiarizzazione con i sistemi culturali, il linguaggio, le regole sociali e le pratiche che questi sistemi implicano (Harrè, 1986).