LA FUNZIONE SOCIALE DELLA PAURA

 

 

Armon-Jones (1986) prende in considerazione la “paura” per esemplificare come le emozioni contengano un aspetto sociofunzionale. Le riflessioni proposte sono particolarmente interessanti perchè possono costituire un utile punto di partenza per una lettura sociale dell’attacco di panico, in cui l’emozione ritenuta centrale è appunto quella di intensa paura.

 

L’aspetto sociofunzionale della paura emerge in relazione al ruolo strumentale che esercita nel regolare una varietà di altre disposizioni; la paura è correlata alla gelosia come paura di perdere l’oggetto amato, al senso di colpa, alla paura della punizione, alla vergogna come paura dell’umiliazione e perdita dell’integrità (ibidem).

 

L’ipotesi costruzionista spiega come la paura possa essere presente in contesti in cui non è naturalmente richiesta. Questo aspetto è importante per la lettura dell’attacco di panico, in relazione all'eccezionalità rappresentata da questo fenomeno.

Nella cultura occidentale il panicker, infatti, posto in determinate situazioni, reagisce con espressioni di intensa paura che non è condivisibile da altri membri della stessa società posti nella stessa situazione. Il panico a prima vista potrebbe rappresentare un’espressione desocializzata della paura. Tuttavia il dibattito sociale su questo disturbo, diffusamente trattato anche attraverso i media, ha portato un’ampia condivisione di teorie su questo tema. La crisi del panicker può essere fatta rientrare in una modalità emozionale socialmente accettata, pur essendo connotata attraverso la diagnosi psichiatrica.

 

Il sentimento di paura non può essere considerato universale ma presenta una grande varietà di differenze qualitative nella misura in cui le disposizioni che costituiscono l’emozione sono culturalmente specifiche: il panico, secondo questa ipotesi, può essere descritto alla luce di aspettative, valori, credenze, desideri e giudizi inscritti nella società.

 

Anche per lo studio del “panico” è fondamentale declinare la “paura” all'interno di specifici contesti culturali, individuando i pattern emotivi che caratterizzano il contesto di vita del panicker. L’approccio presentato può portare alla formulazione di quesiti di ricerca:

  

Ø  in riferimento agli elementi caratterizzanti le emozioni rintracciati da Harrè (1986) l’attacco di panico, nella cultura occidentale, può essere considerato un modo culturalmente specifico per esprimere la paura?

Ø  Quali significati culturali e quali pattern emotivi sono sottesi all'attacco di panico?

Ø  Quale significato può essere attribuito al panico in rapporto alla funzione strategica delle emozioni in contesti culturalmente specifici?